Sui sentieri della pastorizia: #1 Dall’India al Castelmagno

Inauguriamo un nuovo ciclo di podcast a cura di MIMAlpe: 𝙨𝙪𝙞 𝙨𝙚𝙣𝙩𝙞𝙚𝙧𝙞 𝙙𝙚𝙡𝙡𝙖 𝙥𝙖𝙨𝙩𝙤𝙧𝙞𝙯𝙞𝙖. Cominceremo da quelli tracciati da chi fa o ha fatto ricerca in questo campo o su questi temi: proponiamo un ciclo di dieci podcast, in ognuno dei quali due intervistatori dialogheranno con un ospite che ci racconterà la prospettiva da cui si è approcciato alla pastorizia e gli elementi riscontrati sul campo. Come sempre, apriremo domande più che cercare risposte.

🎧#𝟭 𝗗𝗮𝗹𝗹’𝗜𝗻𝗱𝗶𝗮 𝗮𝗹 𝗖𝗮𝘀𝘁𝗲𝗹𝗺𝗮𝗴𝗻𝗼

In questa puntata Gabriele Orlandi, antropologo e politologo ci parlerà delle ricerche che ha svolto, prima in India e poi nelle Alpi piemontesi sui legami tra la pastorizia e i processi di negoziazione delle identità e degli immaginari correlati a questa forma di produzione. Praticata in condizioni di vita difficili (come possono essere il deserto del Kachchh in India occidentale o i pascoli di alta quota nelle montagne italiane) la pastorizia conosce crisi e reinvenzioni, subalternità e resistenze. Da antropologi possiamo quindi pensarla come arena che cristallizza e rivela conflitti, posizionamenti e dinamiche che, in modi diversi, toccano nel profondo le nostre società.

🐑 𝗣𝗲𝗿𝗰𝗵𝗲́ 𝗹𝗮 𝗽𝗮𝘀𝘁𝗼𝗿𝗶𝘇𝗶𝗮?

Essendo la pastorizia un’attività di origini millenarie, studiarne la storia e la sua evoluzione come pratica umana ci permette di osservare, nei territori dove si presenta, o dove è stata praticata, un segno evidente dell’interconnessione tra uomo e natura; l’uomo ha, tra le altre cose, dovuto trasformare l’ambiente per le esigenze dell’attività pastorale, ad esempio rendendo vivibili zone difficili, impervie e inospitali.Le competenze del territorio che questo ed altri mestieri tradizionali hanno radicato sono anche fonte di studio, ad esempio, per chi si occupa di toponomastica orale.La storia della pastorizia ci permette anche di parlare di mobilità, di transumanza e alpeggio, di relatività dei confini, di cambiamento climatico e di come quest’ultimo va a modificare in maniera sostanziale molte delle pratiche legate alla pastorizia. Praticare un mestiere itinerante significava (e significa tuttora) stabilire dei contatti tra soggetti, culture, lingue, usi che nel corso dei secoli hanno mostrato molta efficacia e capacità di resilienza, per poi subire un arresto repentino.La pastorizia, praticata su tutte le montagne italiane, dalle Alpi agli Appennini, è anche una prospettiva privilegiata per parlare di questi contesti in chiave comparativa ed analizzarne, a partire da un’analisi diacronica, le dinamiche contemporanee.Parlare di pastorizia al nostro tempo ci apre nuovi spunti di riflessione ancora inesplorati: la patrimonializzazione, l’heritage marketing, e i livelli di governance che intervengono in questi processi; la pastorizia oggi, in quanto attività economica, con le sue luci ed ombre. Infatti, se da una parte potrebbe essere fonte di occupazione, una soluzione ecologica al noto problema dei “boschi che si riprendono i territori”, dall’altra ad essa si legano temi molto spinosi come la mafia dei pascoli, le derive dei contributi per la monticazione, lo sfruttamento di soggetti fragili come i migranti, che vedono la loro soggettività fortemente deteriorata dalle dinamiche che il mondo pastorale – ma non solo – pone ai soggetti che migrano e che vanno ad inserirsi in contesti nuovi.

Intervista di: Gabriele Orlandi, Valentina Porcellana; Musiche: Alessandro Zolt; Sigla e sound editing: Simone Ferrante; Copertina: Lorenzo Fossi; A cura di MIMAlpe: Michele Cancellara, Giulia Ferrante, Gabriele Orlandi, Valentina Porcellana, Matteo Volta.