”Nel giardino del farsi Foresta” di Cosimo Terlizzi

Testo e fotografie di Cosimo Terlizzi

Tratto da L’Almanacco de La Terra Trema. Trimestrale di vini, cibi, cultura materiale n. 20, Primavera 2021

 

Ringraziamo di cuore Cosimo e la redazione dell’Almanacco de La Terra Trema per averci concesso di pubblicare le fotografie e una parte del brano che appare sulla rivista cartacea. La Lamia Santolina è nata nel 2015 nella campagna di Carovigno (Br), è un luogo di ricerca artistica sul contemporaneo e sulla ruralità intensa come avanguardia.

NEL GIARDINO DEL FARSI FORESTA


«Ho pensato per molto tempo, in modo davvero ingenuo, che la campagna dove vivevo fosse natura, e che l’ulivo, anche se ripetuto all’infinito, non fosse altro che un tentativo riuscito di addomesticarla, senza danno, in armonia con tutto. Il velo mi cadde dagli occhi quando il mio compagno, Damien Modolo, che abitava vicino a una foresta in Svizzera, osservò con angoscia la distesa infinita di ulivi, e mi disse che no, non era natura ma monocoltura. Volevo credere come un bambino alla favola che mi è stata sempre raccontata della vita in campagna in contatto con la natura. Sapevo in cuor mio che non era così. Lo sapevo perché studiavo e amavo i documentari che parlavano di foreste. Chiesi a mio padre perché non faceva crescere altro che ulivi, perché l’erba l’avvelenava e la bruciava, perché arava in continuazione.

Avevo dieci anni e quei tronchi in fila erano una foresta inanimata.

Erano gli anni Ottanta, i figli nati dai genitori della seconda guerra mondiale, erano sedotti più che mai dai moderni metodi agricoli. Il mio paese, Bitonto, primeggia nella produzione dell’olio. Tanto che il suo simbolo è un albero di ulivo. Le uscite in campagna con mio padre erano momenti malinconici. Avevo innato un senso di protezione verso gli animali selvatici e gli insetti, sempre più rari, che osservavo e studiavo. Capitava spesso che mio padre, come tanti suoi coetanei, uccideva qualsiasi animale che sospettava abitare la sua terra.

Innumerevoli serpenti venivano infilzati dalla sua forca.

Sapevo che erano esseri preziosi, lo sapevo perché guardavo quei documentari del pomeriggio, e non capivo e non accettavo quella sistematica eliminazione di tutti gli esseri viventi non umani compresa la vegetazione ritenuta inutile.

Cominciai a salvare il salvabile, in segreto.

Ma ero un bambino e quel mio piccolo zoo e giardino botanico era visto come un gioco. Questo continuo conflitto con mio padre, che vedevo come una recluta di un esercito armato di veleni, forche, motoseghe e cemento, mi portò con facilità ad andar via e a prestare servizio civile come obiettore di coscienza nelle oasi protette della Puglia. Piccoli parchi naturali come Torre Guaceto e Le Cesine, ultimi lembi della macchia mediterranea e della foresta originaria, protetti dopo tante lotte degli ambientalisti. Intorno piantagioni intensive di carciofi, ulivi ecc. È lì che sono entrato in contatto per la prima volta con la natura, e probabilmente ho ritrovato la mia».

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